
Riscoprire la Musica nell’Era della Distrazione
Il sole estivo scendeva lentamente dietro l’edificio scolastico, creando un gioco di luci e ombre sul palco improvvisato. L’aria vibrava di eccitazione infantile, i miei compagni mi ronzavano attorno come insetti schiamazzanti, genitori e insegnati chiacchieravano accaldati e insofferenti ai lati del cortile. Ero lì, un bambino delle elementari un po’ impacciato per via di un braccio ingessato, in attesa di qualcosa che non sapevo ancora avrebbe cambiato la mia percezione del mondo.
Poi, improvvisamente, accadde.
Il primo accordo esplose nell’aria come un tuono in una giornata di sole, scuotendo non solo l’atmosfera ma ogni fibra del mio essere. La musica, amplificata e potente, si impossessò del cortile, trasformando la quiete di quello spazio familiare in un universo sonoro inesplorato. Tutto era immobile e tutto si muoveva. Nonostante il gesso che imprigionava il mio braccio, sentii il mio corpo rispondere involontariamente, come se ogni nota fosse un filo invisibile che tirava e muoveva i miei muscoli.
La band sul palco probabilmente non era niente di straordinario per orecchie esperte, ma per me, in quel momento, erano maghi che stavano aprendo un portale verso un altro mondo. Il basso faceva vibrare il terreno sotto i miei piedi, la batteria dettava un ritmo che sembrava sincronizzarsi con il mio cuore, e la chitarra… oh, la chitarra tracciava pennellate sonore nell’aria che mi sembrava quasi di vedere.
Fu in quel momento che compresi, anche se non avrei saputo esprimerlo a parole, che la musica non era solo un sottofondo alla vita, ma poteva essere la vita stessa. Era come se qualcuno avesse acceso una luce in una stanza buia della mia mente, rivelandomi colori e forme che non sapevo esistessero.
Da quel giorno, la mia vita è stata una continua ricerca di quell’emozione, di quella meraviglia che solo la scoperta di nuovi territori sonori può regalare. Ogni volta che un suono inaspettato, un’armonia sorprendente o un ritmo innovativo colpisce le mie orecchie, sento ancora l’eco di quel primo incontro nel cortile della scuola. È come se si aprisse una finestra su un paesaggio interiore inesplorato, offrendomi la possibilità di espandere i confini della mia esistenza attraverso le vibrazioni dell’aria.
Questa esperienza personale mi ha portato a riflettere profondamente sul ruolo dell’ascolto attivo nella nostra percezione della musica e, più in generale, nella nostra vita. Nel panorama musicale contemporaneo, dominato da streaming e algoritmi automatizzati che decidono per noi, stiamo perdendo la capacità di ascoltare veramente la musica? Come produttore e compositore, ho notato una tendenza preoccupante: il pubblico sembra sempre più inesorabilmente orientato verso ciò che è familiare, perdendo la capacità di apprezzare l’inaspettato e l’innovativo nella musica.
Il Comfort del Familiare e la Sfida dell’Inaspettato
La ricerca psicologica ci offre due chiavi di lettura interessanti per comprendere il nostro rapporto con la musica: l'”effetto di mera esposizione” [1] e il “bias cognitivo di conferma”[2]. L’effetto di mera esposizione spiega perché tendiamo a preferire cose a cui siamo stati esposti ripetutamente. Pensate a come vi sentite ascoltando una canzone per la prima volta rispetto a quando la riascoltate per la decima volta. Va da sé che se una nuova canzone riporta elementi già noti, non dobbiamo compiere nuovi sforzi di decodifica e memorizzazione. Il bias di conferma, d’altra parte, ci spinge a cercare informazioni che confermano le nostre credenze preesistenti, ignorando o svalutando quelle che le contraddicono. Come osservato dallo psicologo Raymond S. Nickerson questo è un fenomeno “onnipresente in molte forme” e influenza la nostra percezione e il nostro ragionamento in vari contesti [2]. Nel contesto musicale, questo può tradursi nella tendenza a apprezzare principalmente musica che si allinea con il “già sentito”, i nostri gusti già formati, chiudendoci a nuove esperienze sonore che potrebbero sfidare le nostre preferenze.
Un po’ come quando vi sentite più a vostro agio con un vecchio amico rispetto a una nuova conoscenza, o rispetto alla cucina tradizionale della nonna rispetto a un piatto esotico sconosciuto e dall’apparenza inusuale. La familiarità ci offre una zona di comfort sicura, ma può anche limitare la nostra crescita e le nostre esperienze.
Nel contesto musicale, questi fenomeni si traducono in una predilezione per suoni, strutture e progressioni facilmente riconoscibili. L’industria mainstream ha capitalizzato, più o meno intenzionalmente, su queste tendenze psicologiche. Le produzioni attuali spesso si basano sulla ripetizione di cliché musicali riconoscibili e su citazioni (a volte al limite del plagio) di brani di successo del passato. Questo approccio soddisfa l’aspettativa dell’ascoltatore, offrendo una sorta di rassicurazione uditiva e confermando la validità delle sue preferenze preesistenti.
Tuttavia, la musica, come la vita, non può essere solo rassicurazione e conferma del già noto. Il suo significato più profondo emerge quando diventa rappresentazione di qualcosa che ci aiuta a crescere e a comprendere meglio noi stessi e il mondo che ci circonda. Le tensioni e distensioni armoniche nella musica riflettono le dinamiche della nostra esistenza, offrendoci un mezzo per esplorare e processare emozioni complesse, anche quelle che inizialmente potrebbero metterci a disagio o sfidarci.
La storia della musica e dei generi musicali è costellata di momenti in cui l’inaspettato ha aperto nuovi orizzonti sonori ed emotivi. Senza questo slancio verso l’inaspettato non avremmo evoluzione musicale.
Verso un Ascolto Consapevole
È fondamentale stimolare quindi il pubblico a praticare un ascolto più consapevole della musica. Questo significa dedicare tempo all’ascolto attivo, senza distrazioni; esplorare generi e artisti al di fuori della propria zona di comfort; prestare attenzione ai dettagli come arrangiamenti, produzioni, testi; e riflettere su come la musica ci fa sentire e perché.
Il concetto di “Deep Listening”[3], sviluppato dalla compositrice Pauline Oliveros, offre un approccio interessante. Questa pratica incoraggia un ascolto intenso e consapevole, non solo della musica ma dell’intero ambiente sonoro che ci circonda. Attraverso l’ascolto profondo, possiamo sviluppare una maggiore consapevolezza uditiva e utilizzare la musica come strumento di crescita personale e spirituale. Gli esercizi di ascolto profondo descritti dalla Oliveros possono aiutarci per cambiare prospettiva d’ascolto: mettersi in uno stato di ricezione del messaggio musicale, a chiederci cosa mi sta dicendo questa musica e quali sensazioni mi trasmette piuttosto che imporre al mio ascolto l’attesa di conferme già assimilate. Questo potrebbe accendere anche in noi un po’ di curiosità e andare ad indagare come sia costruito il linguaggio musicale e perché determinate strutture provocano certe risposte emotive.
Rivalutare il ruolo della musica nella nostra vita, non solo come intrattenimento effimero ma come dispositivo di benessere e crescita, può arricchire enormemente la nostra esperienza di ascolto. Aprirci a nuove sonorità e approcci musicali può ampliare i nostri orizzonti emotivi e intellettuali, permettendoci di riscoprire il potere trasformativo della musica.
Come disse una volta John Cage: “Se ascolti con attenzione la musica, scoprirai che non c’è mai ripetizione. Finché le persone non ascoltano, ci sarà bisogno di ripetersi.” Questa citazione ci ricorda l’importanza di un ascolto attento e consapevole, capace di cogliere le sfumature e le unicità di ogni esperienza musicale.
Invito ciascuno di voi a riscoprire la magia dell’ascolto musicale. Prendetevi il tempo di esplorare nuovi suoni, di immergervi completamente in un brano, di lasciarvi sorprendere. Potreste scoprire non solo nuovi mondi sonori, ma anche nuove parti di voi stessi. E forse, un giorno, vi ritroverete in un cortile di scuola, o in un club, o in una sala da concerto, con gli occhi chiusi e il cuore aperto, pronti a essere trasportati ancora una volta dalla magia del suono, proprio come quel bambino con il braccio ingessato tanti anni fa.
[1] Zajonc, R. B. (1968). Attitudinal effects of mere exposure. Journal of Personality and Social Psychology, 9(2, Pt.2), 1–27.
[2] Nickerson, R. S. (1998). Confirmation bias: A ubiquitous phenomenon in many guises. Review of General Psychology, 2(2), 175–220.
[3] Oliveros, P. (2005). Deep Listening: A Composer’s Sound Practice. iUniverse.