Una tonalità in via d’estinzione?

Ti sei mai chiesto perché alcune canzoni ti sembrano istintivamente allegre, mentre altre ti trasmettono immediatamente un senso di malinconia? Questo fenomeno va oltre le parole dei testi: anche una semplice melodia suonata con uno strumento può evocare emozioni profonde e contrastanti. Ma da cosa dipende questa magia musicale?

La risposta risiede, in gran parte, in un elemento fondamentale del linguaggio musicale: la tonalità. In particolare, la distinzione tra tonalità maggiore e minore gioca un ruolo cruciale nel determinare il “colore emotivo” di un brano.

Immagina di sederti al pianoforte e di suonare tre tasti contemporaneamente: Do, Mi e Sol. Quello che hai appena creato è un accordo di Do maggiore, che suona luminoso e gioioso. Ora, sposta il dito medio leggermente a sinistra sul tasto nero precedente, passando dal Mi al Mi bemolle. Con questo piccolo movimento, hai trasformato l’accordo in Do minore, e il suono è diventato improvvisamente più cupo e malinconico. È sorprendente, vero? Come un semplice spostamento di mezzo tono possa cambiare completamente l’atmosfera emotiva di un accordo [1].

Ora, pensa alla tua playlist di brani preferiti. Hai mai provato a dare un’occhiata in che tonalità sono questi brani? Potresti scoprire qualcosa di interessante sulla tua “dieta musicale” emotiva. Se hai mai empatizzato particolarmente con una canzone che ha avuto su di te una funzione quasi catartica, molto probabilmente, quella canzone era in tonalità minore.

Questa premessa è utile per introdurre un’evidenza interessante: negli ultimi decenni, la musica mainstream occidentale ha subito un cambiamento sottile ma significativo. La tonalità maggiore, una volta dominante nelle classifiche, sta gradualmente lasciando spazio alla tonalità minore.

Uno studio condotto da E. Glenn Schellenberg e Christian von Scheve [2] ha rivelato che negli anni ’60, circa l’85% delle canzoni di successo era in tonalità maggiore. Oggi, questa percentuale è scesa drasticamente, arrivando, alcuni casi fino al 40%. In altre parole, la musica che ascoltiamo è sempre più in tonalità minore, tradizionalmente associata a sentimenti di malinconia, introspezione o tristezza. La fotografia attuale, ottobre 2024, vede una situazione abbastanza equilibrata. Sono infatti così distribuite le tonalità nelle rispettive playlist di Spotify:

 Top 50 Brani Preferiti GlobaleTop 50 Brani Preferiti ItaliaTop Viral 50 GlobaleTop Viral 50 Italia
% Brani in maggiore58544650
% Brani in minore42465450

Ho scelto la top brani preferiti e top viral perché penso rispecchiano maggiormente i gusti degli utenti essendo direttamente collegate ad azioni dell’utente stesso (ad esempio, salvo un brano, metto like o condivido sui social).

Ma perché questo cambiamento? E cosa potrebbe significare?

Una prima spiegazione è di carattere prettamente musicale. Comporre musica “vendibile” in tonalità minore è, in realtà, molto più facile. Bastano pochi elementi per evocare immediatamente atmosfere e stati d’animo che sanno catturare l’attenzione del pubblico. La tonalità minore ha una capacità innata di suscitare emozioni profonde e complesse, anche con progressioni armoniche relativamente semplici.

Di contro, scrivere un buon pezzo in tonalità maggiore si rivela spesso una sfida più complessa, il risultato rischia di essere percepito come banale o addirittura infantile. La tonalità maggiore richiede una maggiore sofisticazione nella scrittura per evitare cliché e mantenere l’interesse dell’ascoltatore. È come se gli autori contemporanei, consapevoli di questa difficoltà, optassero più frequentemente per la “sicurezza” emotiva della tonalità minore.

Un’altra possibile spiegazione potrebbe risiedere nei cambiamenti sociali e psicologici che stiamo vivendo come società. L’idea che la musica possa essere uno specchio della società non è certo nuova. Già nell’antica Grecia, Platone osservava: “La musica è lo specchio morale di uno stato”. Se la musica è davvero uno specchio della nostra società, cosa ci sta dicendo il progressivo spostamento verso tonalità minori e temi più cupi?

Potremmo azzardare che questo spostamento verso tonalità più malinconiche coincide con l’emersione di maggiori fragilità psicologiche, in particolar modo tra i giovani. Uno studio pubblicato nel Journal of Abnormal Psychology, nel 2019 ha infatti rilevato che: tra il 2009 e il 2017, la depressione tra i 16-17enni è aumentata del 69% e, nello stesso periodo, l’aumento tra i 18-25enni è stato del 63%. E dopo il COVID la situazione si è aggravata ulteriormente.

Ma non è solo la tonalità a cambiare. Anche i testi delle canzoni stanno evolvendo in modi che riflettono questo aspetto psicologico. Ad esempio, possiamo riscontrare che è sempre più frequente il rifermento a farmaci psicotropi: è come se la musica stesse diventando uno specchio della crescente medicalizzazione del disagio emotivo nella nostra società.

E poi c’è il fenomeno dell’alessitimia. Hai presente quella sensazione di disconnessione emotiva, di non riuscire a dare un nome a ciò che provi? L’alessitimia è un concetto psicologico che descrive la difficoltà nel riconoscere, identificare e descrivere le proprie emozioni e pare essere in drastico aumento nelle generazioni più giovani. Il termine deriva dal greco “a-” (mancanza), “lexis” (parola) e “thymos” (emozione), letteralmente significando “assenza di parole per le emozioni”. “What Was I Made For?/ don’t know how to feel / But someday I might” canta Billie Eilish. Queste parole risuonano con molti ascoltatori contemporanei, riflettendo forse una crescente difficoltà nel gestire e esprimere le nostre emozioni in un mondo sempre più complesso e frenetico. Particolare notare come l’intreccio melodico e armonico del brano giochi spesso su accordi di settima maggiore: un particolare accordo costruito dalla “fusione” di un accordo maggiore e minore. L’espressione artistica, come la musica di Billie Eilish, può fungere da catalizzatore per l’esplorazione e l’espressione emotiva, offrendo un linguaggio alternativo per articolare esperienze emotive complesse che potrebbero altrimenti rimanere inespresse. In questo senso, l’arte può svolgere un ruolo terapeutico, aiutando le persone a connettersi con le proprie emozioni e potenzialmente mitigando alcuni degli effetti negativi dell’alessitimia.

Allora, cosa significa tutto questo? La predominanza della tonalità minore e i temi lirici più cupi potrebbero essere un riflesso di una società che lotta con crescenti livelli di stress, ansia e depressione.

E se invece di essere un segnale di depressione diffusa, questa tendenza verso le tonalità minori fosse in realtà un segno di maturità emotiva? Forse la nostra società sta semplicemente diventando più a suo agio nell’esplorare una gamma più ampia di emozioni. Non è che stiamo diventando più tristi, ma forse più profondi, più disposti a confrontarci con la complessità della vita moderna attraverso la musica.

C’è di più: ascoltare musica in tonalità minore potrebbe avere dei benefici che non ti aspetti. Alcuni studi suggeriscono che possa aiutarci a processare e liberarci di emozioni negative in modo sicuro – una specie di palestra emotiva, se vuoi. E non solo: potrebbe anche aumentare la nostra empatia, aiutandoci a connetterci più profondamente con le esperienze degli altri.

Quindi, forse questa “svolta minore” nella musica non è un segno di decadenza, ma di evoluzione. Stiamo forse entrando in un’era in cui la musica ci permette di esplorare e accettare tutta la gamma dell’esperienza umana, inclusi gli aspetti più complessi e sfaccettati delle nostre emozioni

C’è da chiedersi: l’ascolto costante di musica emotivamente carica in tonalità minore potrebbe influenzare il nostro stato d’animo a lungo termine? Stiamo forse contribuendo a un ciclo di feedback negativo?

O forse, questo cambiamento riflette semplicemente un’evoluzione nella nostra sofisticazione musicale, una ricerca di espressioni emotive più complesse e sfumate?

Non abbiamo risposte definitive, ma una cosa è certa: la musica continua ad essere un potente specchio della nostra società e del nostro vissuto emotivo collettivo. La prossima volta che ascolterai la tua canzone preferita, presta attenzione non solo alle parole, ma anche alla tonalità. Potresti scoprire qualcosa di nuovo su te stesso e sul mondo che ti circonda.

Note

[1] Ricordiamo la diversità culturale nella percezione musicale: sottolineiamo che la percezione delle tonalità maggiori e minori può variare significativamente tra culture diverse. Ciò che suona “triste” in una cultura occidentale potrebbe non avere la stessa connotazione in altre tradizioni musicali. L’articolo si riferisce alla musica eurocentrica.

[2]Schellenberg, E. G., & von Scheve, C. (2012). Emotional cues in American popular music: Five decades of the Top 40. Psychology of Aesthetics, Creativity, and the Arts, 6(3), 196–203. https://doi.org/10.1037/a0028024

[3] Twenge, J. M., Cooper, A. B., Joiner, T. E., Duffy, M. E., & Binau, S. G. (2019). Age, period, and cohort trends in mood disorder indicators and suicide-related outcomes in a nationally representative dataset, 2005–2017. Journal of Abnormal Psychology, 128(3), 185-199. https://doi.org/10.1037/abn0000410

Per approfondire le basi dell’armonia e sentire alcuni esempi

Major vs. Minor chords what is the difference? https://www.youtube.com/watch?v=it43JQy136I

Ringraziamenti

Ringrazio Filippo Gualtieri per aver scritto in tempo record un codice in grado di estrapolare dalle playlist di spotify la tonalità di ogni brano e restituire le percentuali tra tonalità maggiore e minore

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